Cari lettori,
oggi parliamo di un regista che non ha mai sbagliato un film, nemmeno uno di quelli secondari o “prestati” ad altri; oggi parliamo di un regista che ogni volta sforna perle dalla rara lucentezza. Quest’oggi, con Philmosophy, parliamo di uno dei miei registi preferiti con uno dei miei film preferiti; dopo aver recensito il suo ultimo gioiello “The Hateful Eight“, eccoci pronti per parlare del suo capolavoro. Per la regia di Quentin Tarantino, un film del 1997: Jackie Brown.
Jackie Brown arrotonda il suo esiguo stipendio da hostess contrabbandando del denaro per Ordell Robbie. Questi è un mercante d’armi tanto stralunato quanto poco affidabile con al fianco la bionda Melanie, una delle tante sue compagne, ed il maldestro Louis Gara, il suo braccio destro. Un giorno, Ordell riceve una chiamata dalla prigione da parte di Beaumont, uno dei suoi scagnozzi: egli gli chiede di liberarlo e di pagare la sua cauzione. Ordell si reca così da Max Cherry, un garante di cauzioni, che fa uscire Beaumont di galera. Quella stessa sera, Ordell decide di uccidere Beaumont per paura che quest’ultimo, assai intimorito dall’ambiente della prigione e con una grossa accusa sulle spalle a causa del possesso di armi illecite, parli dei suoi traffici con la polizia, ma ormai è troppo tardi.
Jackie Brown inizia con una carrellata mozzafiato: solo quella varrebbe il biglietto del cinema o del blu-ray. Tarantino con la macchina da presa è impeccabile, non uno scavallamento, non una torsione o vibrazione ansiosa , o vomitevole, non uno campo sbagliato o sfocato. Una fotografia eccellente che rende giustizia allo svolgersi dell’azione, grazie anche ad un montaggio perfetto che impregna la pellicola di un ritmo noir meraviglioso: mai troppo alto e mai troppo basso. Se nei film di Tarantino precedenti a questo ci si era abituati (e bene!) ad uno stile Pulp e, possiamo dire, neo-western non privi di intelletto anche cervellotico, ma sempre riposto a sfondo e contorno, in Jackie Brown la psiche regna sovrana e gestisce le carte, alternando la visione delle storie intrecciate fra loro (a blocchi), con analessi e prolessi mai pesanti, ma sempre azzeccatissime.
In Jackie Brown possiamo dire che Tarantino tenti di evidenziare la dicotomia fra USA e Mexico, il valore intrinseco del denaro ed il valore, quasi affettivo, che l’uomo gli attribuisce; un danaro, quindi, con un valore proprio accompagnato da un valore per l’uomo e con l’uomo. Questo si evidenzia soprattutto con la protagonista che impronta alcuni suoi dialoghi chiave sul valore dei soldi, sulla debolezza umana di fronte al denaro e sul valore stesso dell’uomo quando ha disponibilità economica. Inoltre, in alcune scene, si vede un Tarantino abilissimo nella suspense quasi da thriller/horror.
Con un finale convincente e non scontato, con una lunghezza importante, ma non pesante, con una regia sontuosa, una fotografia azzeccata, con le musiche equilibrate, con un ritmo impeccabile e con una recitazione oltremodo egregia, Jackie Brown (oltre ad essere un noir perfetto) è il capolavoro di Quentin Tarantino che qui, oltre al genere Pulp che lo ha reso famoso, inserisce anche una componente psicologica, sociale ed economica (se non politica), tutto unito ad una maturazione oramai completa del regista e ad un tocco geniale che, oramai, lo contraddistingue.
Che state aspettando? È venerdì. Andate a comprare o a noleggiare il blu-ray di Jackie Brown e godetevi l’immenso Tarantino!