9 Marzo 2022

#14 – Non mi chiamerai Venerdì

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Non mi chiamerai Venerdì

Spunti su bell hooks

Spunti e riflessioni sui lavori della scrittrice femminista ” bell hooks “. Oltre il Genere – rubrica di consigli letterari.

bell hooks

Il movimento femminista attuale ci ha insegnato che quel che sei (e dici, e fai) dipende dalla tua posizione sociale, economica, razziale, sessuale. Consapevolezza che ci viene da femministe non europee, non di paesi capitalisti e di classi privilegiate, non “bianche”.

Dalle argentine di Ni una menos come dalle curde del Rojava ci è stato ricordato che così come non basta avere un utero per essere donna non basta essere femmine per essere femministe.

Ma nello stesso tempo per creare un grande movimento politico è necessario che questo sia unico, accogliendo al suo interno le differenze.

Il patriarcato assume molte forme e ha gerarchie, non solo maschio- femmina ma padron* -lavorator*, lavorator* bianc*- lavorator* ner*, cittadin*- migrant*.

Il Black feminism, a partire da Angela Davis e ancor più dagli anni ’80 e ’90, ha criticato il carattere razzista ed eurocentrico del primo femminismo, intersecando diversi assi della differenza (genere, razza, etnicità, classe, scelte sessuali).

La presa di parola delle black feminist è avvenuta attraverso narrativa e poesia – esempi potenti ne sono Toni Morrison e Audre Lord – ma anche attraverso saggi, tra cui quelli di bell hooks, di cui voglio trattare.

La loro opera ci riguarda tutt* e direi che ci ha costretto a vedere l’invisibile, o meglio una parte di umanità che per secoli è stata invisibilizzata, al punto da non avere neanche diritto a un nome, quello che tutt* abbiamo, ma che viene ignorato o sostituito dai tanti Robinson che hanno l’arroganza di pensare di addomesticare, di civilizzare “il selvaggio”.

Una trasformazione della rappresentazione delle differenze in tutte le arti, ancor più sensibile in quelle visive. Il loro insegnamento ha contribuito anche all’inserimento nei “canoni” di opere di artist* ner* e nativ*.

Gli scritti di bell hooks (ha scelto lei di riassegnarsi un nome, composto dai nomi della madre e della bisnonna, scritto in minuscolo) sono stati raccolti in diversi libri, pubblicati a partire dal 1978 al 2020, di tutti è consigliabile la lettura: mi soffermo su due

Elogio del margine

un insieme di brevi saggi degli anni novanta con i quali bh, partendo dalla sua infanzia in Kentucky, mostra che la percezione di sé e del proprio valore è una conquista difficile, che deve scardinare una quantità di affermazioni codificate: dalla forma del corpo ai colori della pelle, dai capelli alla remissività.

Esistere, essere nominate, svincolarsi da ruoli razzializzati e sessualizzati è un lavoro lungo, che parte anche dalle rappresentazioni, in letteratura e nel cinema, per cominciare.

bell hooks ci dimostra che ancora molto è da interiorizzare. Critica severamente certi approcci delle femministe bianche: Spesso questo discorso sull'”Altro” annulla, cancella: “Non c’è bisogno di sentire la tua voce, quando posso parlare di te meglio di quanto possa fare tu. Non c’è bisogno di sentire la tua voce. Raccontami solo del tuo dolore. Voglio sapere la tua storia. Poi te la ri-racconterò in una nuova versione. Ti ri-racconterò la tua storia come se fosse diventata mia, la mia storia. Sono pur sempre autore, autorità. Io sono il colonizzatore, il soggetto parlante, e tu ora sei al centro del mio discorso”.

Ecco, non ricorda la posizione di certe organizzazioni che parlano a nome delle donne vittime di violenza?

Perché elogio del margine? Perché essere in una posizione eccentrica rispetto alla struttura sociale permette una visione altra, e da qui un processo di revisione e rovesciamento dei condizionamenti esistenti. La marginalità quindi non come esclusione imposta ma come scelta di posizionamento e di resistenza.

Se i binari della ferrovia che le donne nere dovevano attraversare per andare a servizio nelle case del quartiere bianco e riattraversare per tornare ogni sera nelle proprie, rappresentano il confine fra due mondi, per bh superarli significherà andare a scuola e iniziare un percorso di formazione che non si fermerà.

Una metafora che possiamo fare nostra: quant* di noi hanno dovuto attraversare binari che li separavano da un mondo che rappresentava emancipazione ma al tempo stesso respingeva nell’ambiente di provenienza, non si accettano facilmente neri -di qualsiasi colore- nel quartiere dei bianchi!

Ma nel margine bisogna restare, un luogo difficile, di elaborazione teorica e di nuove pratiche che non consentono però la rimozione delle proprie origini, visti come un pericolo non solo dai bianchi ma anche dai neri borghesi adagiati nelle strutture sociali che hanno trovato.

Anche la lingua deve essere innovata (vallo a dire a quelli che non percepiscono la violenza del maschile sovraesteso), visto che già di fatto le comunità parlano lingue diverse.

E, come Steinbeck aveva dato dignità di lingua scritta allo slang dei contadini poveri espropriati delle loro terre, saranno scrittor* ner* a innovare il linguaggio nella loro narrativa. Non è un caso che bh abbia tenuto corsi universitari su Toni Morrison l’altra grande scrittrice che vogliamo ricordare in questo 8 marzo.

La trasmissione del sapere maturato impone anche nuove modalità, più coinvolgenti, che uniscano alla innovazione di contenuti quella del posizionarsi del docente, non più unico detentore di un sapere irrigidito ma pronto a ricevere dai suoi studenti.

In “Insegnare a trasgredire” – il più recente dei libri pubblicati in italiano- bh ci rappresenta il suo percorso di vita, da studente a insegnante, anzi educatrice, invitando a costruire comunità educanti. Dove non si elargisce un sapere unico ma tutto può essere messo in discussione e rielaborato insieme. Non sarà più un rapporto tra cattedra e banchi, ma un cerchio in cui il pensiero di ognuno ha valore. E questo è l’atteggiamento anche fisico del nuovo femminismo.

Certo gli women studies e i corsi di letteratura non equivalgono a corsi su scienze naturali o matematiche, e la società americana è più composita in termini di razze e culture, ma le differenze di genere, le classi sociali e le culture connesse ci sono in ogni società e sistema educativo e anche la nostra scuola sta rapidamente diventando multietnica, l’Università lo è da molto.

Il radicalismo di bh,che scardina i parametri della classe in silenzio assenso, tanto apprezzata dal sistema scolastico, ci dovrà guidare nella formazione di generazioni che esercitino il pensiero critico.


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