POLITICA e SOCIALE

1 Aprile 2014

STARE IN BUONA SALUTE.

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L’opuscolo con le informazioni utili.

29 Marzo 2014

Siamo Ponte Solidale! All’insegna dell’economia solidale.

Il 28 ottobre del 2008 è stata fondata la cooperativa sociale “Ponte Solidale”, per promuovere, diffondere e consolidare l’economia solidale, partendo dal territorio di Ponte San Giovanni; dal 4 dicembre è stata aperta la bottega a Ponte San Giovanni: un cammino carico di significati che abbiamo definito fin dall’inizio “progetto”, non a caso; e fin dall’inizio abbiamo dato valore alla partecipazione dei tanti che hanno dato un contributo prezioso allo sviluppo ed al consolidamento.
Ad oggi la cooperativa conta 110 soci di cui: una socia lavoratrice part time con contratto a tempo indeterminato e due associazioni.
Dal 2012 la cooperativa è socia di Agices e contestualmente è entrata a far parte del Registro Regionale delle organizzazioni di commercio equo e solidale.
Siamo nati in un contesto economico di certo non favorevole, ma la nostra energia e la nostra determinazione ci hanno permesso di difendere questo progetto di economia solidale sul territorio delle periferie; la nostra scelta di essere una cooperativa di commercio equo e solidale ha rappresentato il punto d’incontro tra la passione dei singoli e l’organizzazione del gruppo, trasformando l’ideale politico e il bisogno di partecipazione in un luogo vivo e concreto, un “ponte solidale che collega le rive, che unisce e non separa, un’opera edilizia cordiale”.

A tutto ciò si accompagna la forte attività di promozione sul territorio, sia con azioni commerciali (con i prodotti di commercio equo delle varie organizzazioni individuate come fornitori, con prodotti di cooperazione sociale e con libri di diverse realtà di editoria interculturale), sia con iniziative di sensibilizzazione, che afferiscono all’intero mondo dell’economia solidale e del consumo critico (tra cui ricordiamo le iniziative con l’associazione Tolbà, l’incontro con le produttrici dell’Argentina e della Palestina, la raccolta di tappi di sughero per Artimestieri,  cooperativa sociale che promuove la bioedilizia).

Collaboriamo con numerose centrali di commercio equo (tra le principali, CTM Altromercato, LiberoMondo, Altraqualità), con botteghe che importano e distribuiscono prodotti (tra le principali Vagamondi, Ravinala, Macondo), con realtà dell’editoria interculturale (Altreconomia, Sinnos, Carthusia, AAM Terra Nuova e Tolbà) e dell’economia solidale (tra le principali Focus e Madre Terra).

L’ampia scelta di prodotti è per garantire una diffusione e conoscenza più ampia possibile di progetti interessanti e per un rafforzamento reciproco delle varie realtà dell’economia solidale.

Significative in questo senso anche le diverse collaborazioni messe in piedi, sia a livello cittadino che di quartiere, per tessere quella rete che da sempre abbiamo ritenuto linfa vitale per il nostro progetto.

Il 2010 è stato anche l’anno in cui, pur nell’esiguità delle forze, ma nel convincimento del significato ed importanza di tali iniziative, abbiamo promosso con il Cesvol un interessante (oltre che partecipato e di altissimo livello) percorso di formazione sul commercio equo e, grazie all’operato di alcuni soci e sostenitori, si sono realizzati alcuni interventi sul tema dell’intercultura in biblioteche e scuole.

Con l’iscrizione ad Agices e al Registro regionale degli operatori del COMES ai sensi della L.R. n. 3/2007, abbiamo presentato tre progetti per le scuole (con la scuola media e la scuola per adulti migranti di Ponte San Giovanni e con il carcere di Capanne), la cui realizzazione si completerà nel 2014.

In questo panorama, si stagliano fin dall’inizio alcuni importanti progetti e collaborazioni.

Abbiamo fatto ripartire il progetto banane in Umbria, che ha rappresentato un ottimo aggancio di collaborazione con diversi gruppi d’acquisto oltre a movimentare positivamente le vendite in Bottega e ai Mercati.

Abbiamo iniziato a collaborare, con fornitura di prodotti e incontri di informazione, con diversi gruppi d’acquisto (G.A.S.) e con il G.O.D.O. di Aiab Umbria.

Abbiamo in particolare proseguito, raccogliendo una loro proposta, il percorso di collaborazione intrapreso negli anni precedenti con il gruppo famiglia di Bastia Umbra, in carico alla cooperativa Asad, in particolare con l’associazione “InclusoMe”, che ha portato a svariati progetti fatti insieme, su tutti la possibilità per una ragazza del gruppo di svolgere un attività formativa, accompagnata e supportata, nelle attività della cooperativa (progetto ad oggi ancora in corso).

Ad oggi questo tipo di collaborazione si è stretto anche con la fondazione AURAP.

In ultimo, ma speciale per noi, abbiamo promosso il progetto “Donne di Palestina”, finanziato in parte dalla Tavola Valdese – Ufficio Otto per Mille (e poi riproposto in altre forme, per una sua prosecuzione), passaggio determinante per la crescita di “Ponte Solidale”: riteniamo un punto di forza e di onore essere riusciti a convogliare energie e motivazioni nel supportare un progetto già esistente di commercio equo e solidale (le donne di Aowa, produttrici di sapone), contribuendo (nella progettazione e nell’esecuzione) ad un suo sviluppo e possibile crescita ed implementazione.

Il progetto “Donne di Palestina” che nel 2010 è partito e si è sviluppato, grazie ai due viaggi da noi compiuti, si è concretizzato nei primi 4000 saponi e 3000 tris di saponette che nel marzo 2011 in tutte le botteghe d’Italia sono stati messi a disposizione dei tanti “consumatori” che ancora amano coniugare acquisto e scelta consapevole.

Tra le tante iniziative di questi anni, infine, vogliamo ricordarne tre in particolare, per la forte valenza equo-politica: l’azione di coordinamento regionale per il prefinanziamento del caffè Tatawelo (che ci ha visto capofila di un gruppo, con 3 gas della regione, il Circolo Amerindiano, TerraFuoriMercato e 3 locali bio-equi del nostro territorio, nel sostenere il progetto di produzione del caffè nel Chiapas insieme all’associazione Tatawelo di Firenze), la partecipazione alla campagna di obbedienza civile sull’acqua pubblica (cui abbiamo aderito come cooperativa insieme ad una trentina di altri cittadini, contestando ad Umbra Acque la non applicazione del recente referendum sull’acqua) e la partecipazione attiva ad alcuni incontri della costituenda rete Distretto Economia Solidale.

Significative attualmente la rete intessuta che ci vede soci come cooperativa dell’Associazione Terra Fuori Mercato, dell’Associazione La Rabatta, siamo parte attiva del progetto “L’autoradio” e ci teniamo a sottolineare il partenariato stretto con FELCOS Umbria di cui siamo diventati ufficiali collaboratori, condividendone obiettivi e metodologie.
Dove ci trovate, ovvero passate a troverci in bottega!
Ponte Solidale s.c.s. Bottega del Mondo
via San Bartolomeo 50 – 06135 Perugia Ponte San Giovanni
075-393097 – bottega@pontesolidale.org

pagina facebook presente!

29 Marzo 2014

ABBIAMO GIA’ PAGATO

ABBIAMO GIA PAGATO2Umbria Mobilità non è più ufficialmente un’azienda in mano ai soci pubblici della regione. Questo è quanto affermava Umbria24 agli inizi di marzo, dopo l’ok dell’Antitrust che ne sanciva il passaggio del 70% a Busitalia (ovvero alla società del gruppo Trenitalia), con la prospettiva che il restante 30% venisse definitivamente venduto entro luglio.

Già nel 2010 la società umbra aumentava le tariffe dei biglietti da un euro a un euro e cinquanta, riduceva i servizi su gomma e su rotaia, avviava trasferimenti non concordati dei dipendenti e attuava subito una parcellizzazione dello stipendio del personale, per far fronte ad un debito che ad agosto 2013 ammontava a circa otto milioni.

Ad oggi ciò che si prospetta, secondo i giornali locali, sembrerebbe essere un ulteriore stravolgimento del piano urbano della mobilità (riduzione di ulteriori corse), ma soprattutto l’ipotesi di un aumento tariffario del biglietto, considerato già tra i più alti d’Italia.

Questa situazione, che si riversa totalmente su tutte e tutti coloro che attraversano e vivono quotidianamente la città, non è più accettabile.

La mobilità è un diritto fondamentale che si traduce nel garantire la possibilità a tutte le persone di spostarsi liberamente, senza limitazioni o barriere di ordine economico rappresentate dai costi dei trasporti. Questo si colloca immediatamente in uno scenario politico dove indispensabile è l’esigenza di riappropriarsi del diritto a vivere la città in ogni suo aspetto, sia su un piano di produzione culturale e politica, sia inteso come costruzione di momenti di socialità e di riqualificazione degli spazi.

Cosi come indispensabile e centrale è il diritto alla casa, altro fattore determinante per garantire dignità e stabilità alla vita di ogni persona. Diritto, quello all’abitare, che si colloca in piena continuità con la necessità di rivalutare il concetto del “vivere urbano” e che, se non riconosciuto, diviene ulteriore elemento dell’aggravarsi della condizione precaria a cui siamo costretti.

La precarietà, appunto, intesa come condizione esistenziale e non solo lavorativa, a cui ci hanno condotto anni di politiche d’austerity (dettate dall’Unione Europea e dalla Troika), erode sempre più i nostri diritti e in generale la possibilità per ognuno di poter progettare in maniera libera ed autonoma la propria vita.

Ed e’ per questo che il reddito rappresenta l’unica forma di Welfare State possibile adatta a contrastare le attuali forme della produzione. Quando si parla di reddito, non solo si parla dell’erogazione di una liquidità economica sganciata dalla prestazione lavorativa e capace di fornire all’individuo la capacità contrattuale necessaria per affrontare il mondo del lavoro, ma ci si riferisce anche ad una forma indiretta e quindi ad una maggiore qualità e accessibilità ai servizi.

Reddito, diritti, nuovo welfare, saranno inoltre al centro delle mobilitazioni e delle lotte che, sin dalle prossime settimane, costruiranno la manifestazione del 12 aprile e la successiva contestazione al vertice europeo sulla disoccupazione giovanile previsto a luglio.

Con questo spirito lanciamo la campagna “ABBIAMO GIA’ PAGATO“, partendo proprio dal nostro territorio e nella fattispecie dalla mobilità.

Non saremo noi a pagare la vostra crisi…noi ABBIAMO GIA’ PAGATO!

Per CASA – REDDITO – DIGNITA’

I diritti si conquistano a spinta!!!”

c.s.o.a. Ex Mattatoio – Collettivo Università Critica – Yabasta! Perugia

evento fb :qui

20 Marzo 2014

RISULTATI E CONSIDERAZIONI DEL QUESTIONARIO AUTOPRODOTTO

In quest’ultimo periodo ci siamo spesso interrogati su quali fossero le reali esigenze della composizione studentesca perugina, in relazione non solo agli spazi fisici dell’università ma anche, e soprattutto, in relazione al “vivere” all’interno di una città ricca di complessità e contraddizioni.

L’esigenza di questo “fare inchiestante” assume maggiore convinzione dalle vicende di quest’autunno in cui sono state rilanciate dinamiche e pratiche di lotta proprio a partire dal bisogno comune e non da punti fermi o preconcetti.

 Siamo state/i tra la gente, nei luoghi più centrali e affollati; ci siamo resi conto della complessità e delle diversità che attraversavano quei luoghi e abbiamo capito che bisogna partire proprio da quelli se si vuole radicalizzare un certo modo di pensare e d’agire.

 Nostro obiettivo non è e non è stato agire per effettuare una ricognizione di classe all’interno dei luoghi del sapere; si è agito piuttosto sui diversi aspetti della vita quotidiana che poi non sono altro che gli indicatori della nuova precarietà. Ed è questo che emerge da una prima lettura dei risultati, un’aspettativa di precarietà che precede la precarietà stessa, una condizione che finisce per agire per forza di cose su tutti gli aspetti dell’istruzione (dalla scelta della facoltà al motivo per cui si è intrapresa questa carriera ecc). “La produzione dell’uomo precario precede e innerva la precarietà stessa” diceva qualcuno.

 Abbiamo di seguito analizzato quattro macro-aree (ABITARE – COSTO DELLA VITA – MOBILITA’ – CULTURA e SOCIALE) che potessero in qualche modo riassumere la quotidianità di uno studente senza con questo voler semplificare la sua vita. Non è con i dati, ma stando a contatto con la gente che si comprende la vera natura delle cose; questo è per noi (e spero anche per altri) un modo per aprire ad un percorso fatto di autodeterminazione e autogestione all’interno di un contesto ancora eccessivamente legato alla rappresentanza delle proprie vite.

 Il campione di studenti inchiestato è di 108 ragazze e ragazzi con età media di 21.55 anni.

ABITARE – Quella dell’abitare è sicuramente una delle questioni più delicate da affrontare. Per quanto riguarda la composizione studentesca perugina l’81,84 % degli studenti risiede in strutture private, percentuale nettamente superiore a quelli che invece vivono nelle strutture collegiali (il restante 18,52%).

Una discrepanza netta che va letta nell’ottica di un altro importante dato; la maggior parte degli studenti infatti (oltre il 66%) pensa che il prezzo delle strutture in cui abita non sia adeguato alle condizioni in cui le stesse versano. Se consideriamo inoltre che il 74% degli inchiestati non beneficia di alcuna borsa di studio i dati appena citati assumono anche maggiore rilevanza.

Bisogna considerare ancora che il 48% viene mantenuto esclusivamente dai genitori mentre un altro 31% avrebbe necessità anche di lavorare per ovviare alle spese basilari.

Si può ben capire (ovviamente attraverso una lettura solo parziale rispetto a quella che è la complessità della realtà) che solo rispetto alla questione abitativa le famiglie sono tenute ad uno sforzo economico per nulla irrilevante; ma che l’istruzione (e prima ancora l’accesso all’istruzione) dipendesse ormai da fattori quasi esclusivamente economici non è cosa nuova.

E’ necessario partire dal presupposto perciò che l’abitare non può essere considerato come un lusso, ma piuttosto come un diritto inalienabile e presupposto di una stabilità di vita necessaria sia in campo formativo così come in quello professionale. Non può perciò la casa divenire un ulteriore barriera all’esercizio di un diritto basilare quale l’istruzione, così come non può esserlo in nessun’altra circostanza.

Infine, i recenti fatti della conversione del “padiglione A” del collegio Innamorati (rinominato ITACA) sono uno schiaffo morale se si considerano i dati parziali sopra elencati. Mentre infatti la struttura del collegio Innamorati versa in uno stato a dir poco vergognoso (e non è poca la documentazione che abbiamo raccolto), i dirigenti A.Di.S.U. stanziano ingenti finanziamenti per creare una struttura extra-lusso dalla dubbia proprietà e dalla ancor più dubbia destinazione (si parla a quanto pare di alloggi per relatori e professori che transitano da perugia per qualche convegno).

COSTO DELLA VITA – I soggetti inchiestati hanno un’età media di 21/22 anni, su una fascia fra i 19 e i 25. Tutti gli intervistati sono studenti dell’università di Perugia o dell’ università per stranieri, con sede sempre a Perugia. La maggiorparte di essi frequenta l’università per poter entrare in un futuro nell’ambito lavorativo (più del 66%), una percentuale crede che la laurea possa permettegli di trovare un impiego più velocemente rispetto alle altre strade perseguibili e una piccola parte, già inserita nel mondo del lavoro, necessita di un titolo di studio idoneo a ottenere una qualifica maggiore oppure a intraprendere una carriera maggiormente gratificante. Soltanto un’esigua percentuale frequenta l’università per ampliare le proprie conoscenze.

Rispetto al passato, dunque, l’università ha perso la sua funzione primaria di luogo di formazione, frequentato solo perché considerato trampolino di lancio per l’attività lavorativa.

I livelli di precarietà e disoccupazione però, conducono gli studenti a una crescente insoddosfazione nel corso del tempo. L’insoddisfazione e il senso di frustrazione sono aumentati dalle difficoltà economiche che si incontrano durante il percorso universitario.

L’87% degli studenti considera i costi delle tasse universitarie eccessivi, sia a fronte dell’attuale situazione economica, sia in rapporto ai servizi offerti. Il 65% degli studenti considera infatti inadeguati i servizi e le strutture universitarie, poiché insufficienti a soddisfare i loro bisogni.

L’università dunque perde il ruolo di centro di aggregazione e condivisione, luogo di fornazione non solo scolastica, ma anche sociale e politica. A ciò si aggiunge la questione del caro libri: il 25% degli inchiestati li utilizza solo usati, il 65% cerca di acquistare anche testi nuovi (ammettendo però di compiere un sacrificio) e solo il 15% utilizza solo libri nuovi. Tali dati evidenziano la lampante necessità di una libera circolazione e condivisione dei saperi, accessibile a tutte/i e svincolata alle logiche di mercato. 

MOBILITA’Mai come ora la questione della mobilità a Perugia è stata di fondamentale importanza. Con un sistema dei trasporti messo in ginocchio dalla crisi economica, e con il progressivo collasso di Umbria Mobilita (che a Febbraio vendeva il 70% di “Um Esercizio” a Busitalia – società del gruppo Trenitalia), non sorprendono i dati effettivamente emersi dall’inchiesta che abbiamo portato avanti.

Il 64,8% del tessuto universitario intercettato afferma di utilizzare i mezzi di trasporto per spostarsi in città ma è altissimo il grado di insoddisfazione (64,29%) espresso. Il malcontento generale emerge anche e soprattutto dal fatto che il costo del biglietto (tra i più alti d’Italia) sia ritenuto assolutamente non adeguato in rapporto al servizio offerto, senza considerare i sistematici ritardi delle linee e le condizioni in cui versano gli autobus.

Ponendo un sguardo all’Europa si può notare che fin dagli anni 90 molti contesti urbani sono stati protagonisti di una svolta a favore di una mobilità più sostenibile, con l’adozione di provvedimenti mirati a scoraggiare l’uso dell’auto privata. Dall’indagine condotta da Euromobilty nel 2011, che mette a confronto 50 principali città italiane, emerge come il capoluogo umbro sia una delle città più motorizzate d’Italia. Il costo del biglietto, le corse rarefatte e i lunghi tempi d’attesa, scoraggiano i cittadini a fare uso dei mezzi pubblici.

Non è la sola linea urbana ad aver subito un aumento dei prezzi ma sono state coinvolte anche le linee extra urbane (sempre più utilizzate col passare del tempo), andando a discapito soprattutto di studenti e pendolari.

Questo sistema di mobilità non tiene evidentemente conto delle esigenze di chi, come i migranti, è tenuto a farne uso per questioni che non possono essere condizionate dai rincari e disservizi.

I segnali allarmanti vengono sia dall’attuale crisi dell’azienda, sia dalle discutibili strategie di sviluppo regionale; per nulla rilevanti sono stati i tentativi di inserire forme di mobilità alternativa come: i “varchi conta veicoli” (spesa di 1 milione di euro), “sistema AVM” (Automatic Veicol Monitoring), le tecnologie “ITS” (Inteligent Transport Sistem), il software “VISUM” (macrosimulatore dei flussi di traffico), “AIMSUN” (Advanced Interactive Microscopic Simulator for Urban and Non urban Network), e progetti sconosciuti ai più come RENAISSANCE, CIVITAS ed ESC, mai andate in porto.

Considerando un probabile ulteriore aumento del costo dei trasporti, secondo quanto afferma la nuova proprietà Busitalia, risulta necessario un percorso che affronti in maniera organica le problematiche che attualmente investono il settore della mobilità.

E’ necessario, inoltre, sottolineare il fatto che la mobilità è un diritto inalienabile di tutte e tutti, non un mercato sul quale continuare a speculare.

Alla luce di tutto ciò, si avverte il bisogno comune di intraprendere strategie alternative e la richiesta diffusa di un dimezzamento dei costi di trasporto.

CULTURA e SOCIALE – La macro-area in esame, affrontata nel questionario, intende individuare le esigenze e le necessità che la città evidenzia. Dai risultati ottenuti emerge che più del 50% degli inchiestati non è soddisfatto dagli spazi di socialità, cultura e aggregazione che la città offre.

Nonostante le restrizioni comunali volte a ridurre la vendita di alcolici dopo determinati orari, il centro cittadino si presenta con una discreta offerta di locali. Solo il 9,26% del campione di studenti però, è abituale spendere il suo tempo libero in questi ambienti. Prevale invece l’interesse a passare il proprio tempo libero con amici e facendo attività sportiva, ma non si può trascurare il secondo dato rilevante riguardante la cultura.

Alla domanda su cosa manchi in città, le risposte maggiormente condivise sono state quelle sugli spazi sociali e di aggregazione in grado di auto-produrre eventi culturali e ricreativi.

Altro carattere da non sottovalutare è l’emergente e sovrastimata questione sicurezza.

L’ 8,33% non si sente tranquillo nel vivere la città nonostante il massiccio spiegamento di forze dell’ordine in strada. A quanto pare, però, non è con i posti di blocco, le ronde e le continue richieste di documenti che si risolve il problema della sicurezza, tanto meno vietando la vendita di bevande in vetro (con particolari eccezioni – vedi Umbria Jazz).

La caratteristica delle distribuzioni percentuali sul tempo libero e su cosa manchi in città è rappresentata dalle numerose frequenze di astenuti, sintomo evidente di un diffuso non interesse che molte volte sfocia nella non espressione.

Questionario autoprodotto

Collettivo Università Critica

MARZO 2014

28 Febbraio 2014

Grande distribuzione e sfruttamento dei migranti

petizione alla coopLo sfruttamento dei migranti come forza lavoro nella produzione agricola in Italia è una realtà  molto diffusa nel normale funzionamento del sistema della grande distribuzione. Il basso costo dei prodotti permette alla grossa catena di supermercati che li acquista di avere un ampio margine di guadagno nella vendita, pur mantenendo un prezzo competitivo, poichè a pagare tale prezzo è il bracciante, reale colonna portante del sistema di produzione e vendita.

“Les récoltes de la honte” è il titolo di un’inchiesta svolta lo scorso Settembre dalla tv francese France2. Nell’inchiesta emergono le condizioni di lavoro dei braccianti in Puglia, per lo più stranieri migranti, impiegati nella coltivazione e lavorazione di ortaggi venduti poi ai grossi supermercati francesi. Venduti a prezzi tanto bassi che hanno spinto qualche giornalista d’oltralpe a chiedersi cosa permettesse una tale economicità della forza lavoro in Italia. La logica attualmente perseguita dal sitema della grande distribuzione sfrutta la disperazione con la quale il migrante (ma non solo, spesso si tratta di disoccupati provenienti da qualche azienda in crisi) si presenta a cercare lavoro, disposto com’è, o meglio, costretto, a subire pratiche di caporalato, e ad accettare uno stipendio a nero, senza nessun tipo di assistenza in condizioni ai limiti della schiavitù.  L’estremo bisogno del bracciante consente all’azienda per cui egli lavora, di vendere il prodotto alle grosse catene di supermercati a prezzi stracciati, con grave danno per i produttori che decidano di far lavorare in condizioni dignitose e con un giusto stipendio i propri dipendenti. Spesso si parla del fenomeno sfruttamento riferendosi al meridione d’Italia, ma è vero, anche se meno noto, che queste pratiche sono diffuse anche al Nord. Un esempio è dato dai vigneti della Franciacorta, una zona collinosa compresa fra Brescia e il lago d’Iseo, dove  il sitema del caporalato permette di sfruttare lavoratori, anche qui per la maggior parte migranti, nella produzione di vini venduti per la loro qualità a prezzi altissimi. Ma si capisce che di tale ricchezza il bracciante non vedrà che il suo solito stipendio di gran lunga inferiore al minimo consentito.


Anche nel resto d’Europa qualcuno è stato “incuriosito” dal sistema della produzione agricola italiana, tanto che lo scorso Ottobre si è tenuto un incontro tra sindacati norvegesi e sindacati italiani finalizzato a promuovere in Italia la conoscenza degli standard etici da far seguire ai produttori riguardo il rapporto con i lavoratori.

E’ in questo contesto che il gruppo “Il Popolo delle Arance” ha deciso di presentare una petizione alla COOP, per ottenere una maggiore trasparenza dei prezzi, azione che rappresenta una denuncia pubblica delle contraddizioni presenti nel sistema della grande distribuzione e del non rispetto da parte di queste aziende, o in questo caso cooperative, della dignità dei lavoratori, a cui esse devono la loro fortuna.

Sono passati pochi anni dai fatti che videro ribellarsi, nel 2010, i migranti sfruttati per produzione di arance a Rosarno, RC, (rivolta grazie la quale nacque il progetto di commercio equo, Equosud – SOS Rosarno) e, nel 2011, fu la volta dei migranti impiegati nei campi di pomodori di Nardò, LE. Segnali, questi, di come sia ancora possibile  sperare in un sistema che tenga conto della dignità umana prima di tutto, a prescindere dalle condizioni economiche.Carta-di-lampedusa

Un grande passo in avanti in questo senso è stato d’altra parte fatto con la stesura e la diffusione di quel patto sociale di rilevanza europea scaturito dal basso che è la Carta di Lampedusa, sorta dal bisogno di cambiare le inappropriate politiche internazionali riguardanti l’immigrazione e tutto ciò che ne consegue. Nel suo testo si promuove infatti: “libertà di movimento, libertà di scelta, libertà di restare, libertà di costruzione e realizzazione del proprio progetto di vita in caso di necessità di movimento, libertà personale e libertà di resistere”. Elementi che, se perseguiti concretamente, costituirebbero un’importante occasione per  tutt* di non trovarsi mai più a dover svendere anche la loro dignità per poter guadagnare qualcosa per sopravvivere.

L.F.

LA PETIZIONE – Richiesta de Il Popolo delle Arance a COOP ITALIA: Chiediamo un prezzo TRASPARENTE, realmente SOSTENIBILE per i produttori agricoli e per i braccianti
http://www.change.org/it/petizioni/coop-italia-chiediamo-un-prezzo-trasparente-realmente-sostenibile-per-i-produttori-agricoli-e-per-i-braccianti

LA CARTA DI LAMPEDUSA – Leggi e sottoscrivi anche tu!
-SCOPRILA CON NOI: https://www.facebook.com/events/1544334152457450/?ref_newsfeed_story_type=regular
-LEGGI LA CARTA: http://www.meltingpot.org/La-Carta-di-Lampedusa-18912.html#.UxBrw_l5PT8
-PER ADERIRE: https://docs.google.com/forms/d/1QLymcIJ7dyLuPV-DI-9LWizqPrOkDzt_d2R9m_zoJnM/viewform

L’INCHIESTA – France2 – Inchiesta “Les récoltes de la honte”

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