16 Marzo 2014

Due sorelle, rom.

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“Sei solo un’anima fragile con il peso di un corpo”, scrisse secoli fa un poeta.
S è un anima fragile e con un corpo minuto. Anzi è la sua stessa corporatura a rivelare quanto sia sensibile, quanto sia delicata.
S ha una sorella, L.
S e L sono Rumene e vivono in Umbria da tre anni.
S e L sono Rom. E sarebbe una precisazione inutile ed irrilevante. Quasi stupida. Purtroppo ancora qualcuno non considera ciò un fatto irrilevante. Uno stupido.

S e L vengono da Timisoara. Speranze, una vita migliore in Italia.
L è malata. Di una grave malattia. La chemioterapia le fa perdere i capelli. Un foulard in testa e via così.

S e L vivono in Umbria da tre anni.
“Dovete fare ulteriori esami, ma qui non possiamo farli” – dice loro il medico.
Prendono il treno alla volta di una grande città, alla volta del Nord Italia.
L è stanca.
La chemioterapia la distrugge.
L’ansia di sapere l’esito degli esami la distrugge.

S ed L escono dall’ospedale di questa grande città del Nord Italia.
Faceva freddo quel giorno di febbraio, in quella città, e pioveva.
Vogliono tornare a casa. In Umbria.
Sono entrambe stanche. Il viaggio. L’ansia. La pioggia. Il freddo.

S va a comprare i biglietti e salgono sull’autobus che li porterà in stazione. Quindi treno e casa. In Umbria.
L è stanca. La chemioterapia distrugge.
La natura è spesso crudele. Ma ancora più spesso gli uomini lo sono ancora di più.

S ed L salgono sul bus. S sostiene dal braccio la sorella L e la aiuta a sedersi.
“Stai bene? Sei stanca?” – chiede S alla sorella.
S ed L sono Rom.
S ha parlato nella loro lingua, in Romanes.

Un controllore era sul bus. Era seduto. Appena le sente parlare, si volta, nota che erano salite due Rom, si alza e si dirige verso di loro: “Biglietti!”
Con fare autoritario.
Eppure c’erano anche altre persone sul bus. Ma chiede i biglietti solo a loro due.
Alle due sorelle.
Alle due sorelle Rom. Venute in Italia da Timisoara, venute da lontano.

S i biglietti li ha. Li ha comprati poco prima. Ma non li aveva ancora timbrati. Appena salita sul bus si era subito preoccupata di fare sedere la sorella. Li avrebbe timbrati subito dopo.

“Ecco i biglietti, li ho in borsa.” – Risponde S.
Estrae i biglietti dalla borsa, con l’intento di timbrarli. Li aveva comprati. Che motivo avrebbe avuto a non timbrarli? Mica avrebbe potuto usarli altrove, in Umbria.

Il controllore però glieli strappa prepotentemente di mano, prima che potesse timbrarli.
“Fatemi vedere i documenti!” – Dice con la stessa prepotenza.
“Perché?” – Chiede stupita S.
“Devo fare la sanzione. Non avete timbrato i biglietti!” – Risponde il controllore, ormai preso dal suo ruolo di tutore della legge.
“Non è possibile!” – Dice S – “Per favore, ridatemi i biglietti. Io non vi mostro nessun documento!”

Un anziano signore era sul bus: “Vergogna! Lasciate in pace queste povere ragazze. Fate timbrare il biglietto!”

Il tutore della legge si sente messo sotto accusa. “E ma qui ne va del mio ruolo!” – Avrà pensato. E chiama la polizia.
Intima alle due sorelle di scendere dal bus.
Stanche, spaventate, obbediscono.
La polizia arriva. Arriva subito. Una volante.

“Documenti!” – Chiedono anche i poliziotti.
S ed L esibiscono subito le loro carte d’identità.
Poi il poliziotto chiede cosa sia successo.
Il controllore dice: “Si son rifiutate di mostrarmi i documenti”. Ancor più preso dal suo ruolo e anzi esaltato per la presenza del poliziotto. Mancava solo che lo chiamasse collega.

“Non è così! Noi i biglietti li abbiamo e lui ce li ha strappati di mano! E’ un abuso: ha chiesto i biglietti solo a noi! Non è giusto!” – Si lamenta S.

Ed intanto le due sorelle stavano sotto la pioggia, al freddo.

“Per favore, fateci andare via. Siamo venute qui per degli esami medici. Mia sorella e’ malata. E’ stata operata due mesi fa. Fa la chemioterapia.” – Chiede S al poliziotto.
“Mi dispiace, ma dovete restare qui.” – Risponde il poliziotto.
“Fate almeno andar via mia sorella. E’ stanca, non si regge in piedi.”
“Dovete restare qui!”

Il poliziotto prende i documenti delle due sorelle e sale sulla volante.
Nel frattempo sono giunte sul posto altre due volanti.
Tre volanti, sei poliziotti, tre controllori della società di trasporto pubblico.
E due sorelle rom.
In strada, sotto la pioggia, in una fredda giornata di febbraio.
La gente passava e guardava. Guardava le due sorelle e pensava chissà cosa.
“Tre volanti e sei poliziotti: sarà accaduto qualcosa di grave. Le due ragazze avranno commesso un reato.”
La gente passava e le guardava.
E facevano male quegli sguardi. Erano sguardi cattivi. Sembravano dire: “Eccoli. I rom. Vengono qui e rubano. Meno male che li hanno presi!”
La gente passava e le guardava.

Pure il tempo passava.
Da quando eran state fatte scendere dal bus eran passate quattro ore.
Ad attendere in strada, sotto la pioggia ed al freddo.

Dopo quattro ore, ecco di nuovo il poliziotto con quattro fogli in mano.
Sono due sanzioni da 87 euro della società di trasporto pubblico. Motivo: non aver timbrato il biglietto.
Gli altri due fogli sono della polizia, squadra volante. E viene chiesto loro di firmare.

S dice che vuol prima leggere. Ma non capisce bene quelle parole: “Verbale elezione domicilio, art. 161 CPP, nomina difensore”.

“Difensore? Indagini? Per cosa? E’ una denuncia penale? Cosa abbiamo fatto?”
Tante domande in quel singolo momento, nella mente di S.
Poi le spiegano che è una denuncia penale per il fatto di essersi rifiutate di esibire i documenti al controllore.
Questo significa “rifiuto di fornire le proprie generalità” scritto su quei due fogli.

“Se non firmate per voi le cose peggioreranno.” – Dice il poliziotto.
Firmano. Sono stanche. Vogliono solo tornare a casa. In Umbria.

[Questo accadeva in Italia, il mese scorso. In una grande città.]

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