31 Marzo 2015

“OUTCAST, IL REIETTO” O SUL PERCHE’ NON SOPPORTO ROBERT KIRKMAN

CONDIVIDI

10 – La locanda alla fine dei mondi

Partiamo da alcune premesse:

The Walking Dead, la serie ideata da Robert Kirkman, è una delle più seguite al mondo ergo Kirkman non è un novellino che ha avuto una fortuna sfondata;

Invincible -altra serie di Kirkman però in stile supereroistica- è tanto bella perciò rimarrà estranea al discorso;

Chuck Palahniuk è sicuramente un grandissimo scrittore ma più leggo i suoi libri più mi pento di comprarli. Ecco, in estrema sintesi Kirkman è il mio personalissimo Palahniuk del fumetto.

Ma facciamo un passo indietro. “Outcast, il reietto” è la nuovissima serie horror di Robert Kirkman, pubblicato in Italia da Salda Press e diffusa al prezzo di lancio di un euro (il prezzo regolare sarà di due euro e trenta).

Nel primo numero della serie, intitolato “Un’oscurità lo circonda“, ci viene presentato il protagonista del racconto, Kyle Barnes. Kyle è un giovane uomo che vive rintanato nella propria abitazione, lasciata nel più totale degrado e con evidenti disturbi sociali. Vive costantemente tormentato dal suo passato fatto di strani accadimenti, tutti collegati da possessioni demoniache. Ma Kyle possiede una sorta di dono: per qualche strana ragione riesce a fronteggiare i demoni che risiedono nelle persone. Kyle non è un benefattore -almeno non ancora-, vorrebbe che tutti lo lasciassero in pace a vivere la sua disgustosa vita, ma un oceano di sensi di colpa e l’incoraggiamento del reverendo Anderson (emblematico sacerdote che tra un poker e una bevuta esorcizza i fedeli) lo portano nuovamente a combattere le infestazioni demoniache.

D’accordo, niente di estremamente nuovo ma la trama è avvincente. Ma allora perchè non riesco ad apprezzare e accettare pienamente Outcast?

Sorvolando per ora -un solo volume è insufficiente per dare un giudizio veritiero- l’etichetta data a queste pagine che di horror hanno davvero ben poco, la ragione è semplice: “Outcast, il reietto” non è altro che l’ennesimo lancio di una nuova serie televisiva. Che sia destinata a raggiungere il grande successo? Può darsi, ma se volevo parlare di serie tv aprivo un’altra rubrica. E si perché ogni dialogo, la caratterizzazione dei personaggi, il dosaggio delle scene più cruenti, mi fa pensare costantemente alla sceneggiatura di una nuova serie televisiva; un semplice pensiero malizioso potreste dire, se non fosse che Cinemax ha confermato la produzione per la prima stagione di Outcast già per il 2015! Allora, mi vien da dire, non è che la cosa potrà influenzare in qualche modo la versione cartacea? Domanda retorica ovviamente che però, purtroppo e sempre più spesso siamo costretti a porci; basti pensare ad altri recenti esempi come l’annuncio di un adattamento della testata Marvel “Devil” in vista della prossima uscita della versione su piccolo schermo e così via.

Badate bene, pur non essendo un fanatico, le serie tv mi piacciono e l’esplosione generale di questi ultimi anni penso sia un fatto positivo in termini di varietà e qualità delle storie. Solo che il fumetto è tutt’altra cosa e non tollera più di tanto invasioni di questo tipo. Il rischio di questa deriva è la trasformazione del fumetto in un mero prodotto commerciale che ha il compito di “testare” la buona riuscita di un altro prodotto oppure di farne da veicolo pubblicitario svuotandolo del suo originario valore. Occhio però a possibili degenerazioni del discorso: il fumetto è e deve rimanere un fenomeno di massa -e non, al contrario, di nicchia- mantenendo però il suo forte valore sociale ed educativo.

Ecco perché penso che Outcast di Kirkman sia stata una pessima mossa, perché in qualche modo -se non ci avesse già pensato “The Walking Dead”- può legittimare un percorso che pian piano svuoterà di significato il fumetto.

Scroll to top